Il 2020 sarà ricordato come un anno eccezionale e terribile, per le ragioni a tutti note, ma per noi della Pallavicini sarà anche il ricordo di un momento straordinario per una bella ragione: nel 2020 ricorrono i 100 anni di don Giulio Salmi, che nacque il 19 maggio del 1920.
Lo abbiamo ricordato con una Messa nel cuore del suo (e nostro) Villaggio della Speranza, insieme al Cardinale Matteo Zuppi. Don Massimo Vacchetti, secondo successore di don Giulio alla guida della Fondazione Gesù Divino Operaio, ricorda questa bella giornata.
***
Quando don Giulio nasce alle 7 del mattino del 19 maggio 1920, Giuseppe e Gaetana Piana hanno già cinque figli. Si erano sposati al Farneto nel 1903 e prima del piccolo Giulio avevano avuto nel 1905 Luigi, poi a seguire Maria, Ettore, Giuseppina, Alberto ed infine Giulio.
Il 19 maggio 2020 abbiamo ricordato don Giulio nel contesto assolutamente imprevedibile della pandemia, nel secondo giorno delle celebrazioni eucaristiche aperte al popolo di Dio, nella cosiddetta fase 2. A presiedere la S. Messa abbiamo invitato il Cardinale e con lui tanti sacerdoti che lo hanno conosciuto al punto da esserne amici e figli prima ancora che collaboratori. Durante la Messa, celebrata lungo il portico del Villaggio della Speranza, ho pensato molto alla sua famiglia.
Quando uno compie gli anni – e don Giulio di anni ne avrebbe compiuti 100 – penso sempre sia la festa della mamma e del babbo, dei suoi fratelli e sorelle. Ho offerto la Messa in suffragio del babbo e della mamma di don Giulio.
Poi, davanti a me e accanto a me avevo un’altra famiglia.
Noi abbiamo due famiglie.
Quella che ci ha generato nella quale, attraverso i fatti che sono accaduti, i gesti, i racconti, più ancora che dagli insegnamenti, siamo stati educati. Il suo babbo muore quando Giulio ha solo 8 anni. Quanto può essere decisiva la morte per formare un animo!
È come se la morte precoce del babbo, lo avesse preparato ad essere padre di tanti. Anche le ristrette possibilità economiche lo hanno reso attento ai poveri. “Poco pane, olio e sale, ma il cuore pieno di gioia” dice un detto. Pur in questo contesto non è mai mancata la fede e la speranza in casa Salmi.
Saranno importanti tutti i sacerdoti in cui s’imbatterà. Da loro, ed in particolare da don Giovanni Calabria e don Filippo Cremonini, imparerà ad essere figlio per poter essere padre.
Poi, c’è la famiglia che ci siamo formati. Per due che si sono sposati, il marito e la moglie, i figli e i nipoti… Per un sacerdote sono le persone che lo hanno circondato, accompagnandolo nelle grandi vicende e venendo loro stesse guidate dalla sua paternità.
Il 19 maggio avevo davanti a me disposte lungo la navata del portico del Villaggio della Speranza, la sua seconda famiglia. Molti dei presenti lo avevano amato e stimato. Altri neppure lo avevano visto in volto. Tutti però debitori del suo genio creativo e caritativo. Tutti, figli.
Il Cardinale nella sua Omelia ha ricordato che è tempo di “aggiustare” il mondo come ai tempi del dopo guerra quando don Giulio si trovò ad operare. Ci sono tante macerie economiche, psicologiche e spirituali a cui provvedere. Don Giulio, in fondo è stato un artigiano di pace, di accoglienza, di relazione a imitazione di Gesù Divino Operaio.
Non si tratta di uno sforzo da compiere, sebbene ci saranno sacrifici da mettere in conto. Si tratta di ripartire da piccole riparazioni, avendo cura di quei rapporti e di quelle relazioni che generano una socialità nuova. La famiglia di Villa Pallavicini, ed in particolare del Villaggio della Speranza, può essere uno di quei luoghi di ricostruzione a vantaggio di tutti.
L’anno del giubileo ci aiuterà a mettere a fuoco la figura di don Giulio come quello di un “artigiano” capace di provare, con il cuore colmo di Dio e le mani piene di tenerezza per l’uomo, ad aggiustare i guasti del nostro tempo.